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Live Report

Friday, 12 July 2024
METAL PARK 2024 [ITA]

 

Bruce Dickinson + The Darkness + Stratovarius

Michael Monroe + Richie Kotzen + Rhapsody Of Fire

Tygers Of Pan Tang + Moonlight Haze

 

Dopo aver macinato in tanti anni migliaia di chilometri per eventi e festival metal principalmente dislocati tra la Lombardia e l’Emilia Romagna, finalmente (e giustamente) , da qualche anno a sta parte, anche il mio Veneto si è giustamente riscattato ed è salito prepotentemente in cattedra, tanto che dopo le fortunate edizioni del Rock The Castle di Villafranca in provincia di Verona, tocca ora alla provincia di Vicenza proseguire l’opera e prendersi il palmares del più grande e prestigioso festival metal nazionale, il Metal Park, diviso in due giornate specifiche, la prima a tema più classico e tradizionale, e la seconda più incline a sonorità estreme ed oscure. In realtà, anche se come denominazione Metal Park si debba parlare di primissima edizione, già lo scorso anno come Ama festival semplicemente, (la medesima organizzatrice del Metal Park) sempre in questa location di Romano d’Ezzelino, si era svolto lo stesso tipo di evento, in un'unica giornata però e che ospitò come testa di serie i Megadeth.

 

Fatta questa doverosa premessa, andiamo a raccontare più nel dettaglio l’esperienza vissuta in questo fantastico ed emozionante Metal Park-Day 1 di sabato 6 luglio!

 

Al mio arrivo sul posto rispetto la passata edizione noto subito una maggiore difficoltà a parcheggiare, nel senso che quello interno ed adiacente al festival non è più accessibile, ma viene riservato solo per camperisti e campeggiatori…

Parcheggi ce ne sono comunque e parecchi (a pagamento) nelle zone limitrofe..peccato solo che al ritorno tra pioggia caduta abbondantemente nel corso della manifestazione, fango formatosi e lampioni spenti, invece di essere accesi, abbiano reso ostico e poco agevole il ritorno e la ricerca dell’ auto al buio.

La location è sempre splendida, grande, spaziosa, immersa nel verde, e ai piedi del Monte Grappa (siamo a due passi dalla beh più famosa Bassano Del Grappa).

La pioggia caduta copiosa e battente (ma solo a tratti fortunatamente), ha reso fangosa e scivolosa anche l’area verde del Metal Park, creando qualche problema anche nel sedersi nelle panchine dei punti ristoro completamente bagnate che avrebbero potuto essere asciugate dai preposti.

Ottime e abbondanti le zone d’ombra, coperte con generosi tendoni, che permettevano di ripararsi dal sole battente che ha picchiato duro prima della pioggia, specie nelle prime e più calde ore del pomeriggio!

Qualità /prezzo mediamente discreta di birra, drink, cibo, ma ostacolata dal sistema dei token , che sono un metodo di pagamento scomodo e che richiede il calcolo preciso di ciò che si vuole prendere in partenza, onde evitare di tenerseli in tasca a fine serata per ricordo, essendo non rimborsabili con denaro contante, che è il medesimo metodo per acquistarli (oltre alle carte) …una politica di alcuni eventi che non capirò mai!

Ottima invece la quantità di bagni chimici, azzeccato pure il bel braccialetto in stoffa serigrafato che permetteva di entrare e uscire illimitatamente dal festival, la disposizione di più aree ristoro e ben separate, di un area riservata alla merchandising e alle bistro musicali, e dell’acqua potabile a disposizione gratuitamente (peccato che fosse calda e quasi imbevibile).

Suoni, visibilità e acustica pressoché perfetta da ogni angolazione, con volumi giusti, equilibrati e mai fastidiosi neppure sotto palco.

Affluenza buona, circa 4.000 persone stimate, ma con un bill del genere, ed essendo la punta di diamante dei festival metal estivi, era lecito aspettarsi qualcosa di piu nei numeri….ma si sa…in Italia il metal è destinato a restare un genere di nicchia e per pochi cultori e appassionati! (Purtroppo!)

 

 

MOONLIGHT HAZE

 

Tocca a loro aprire la giornata di questa prima edizione del Metal Park, e lo fanno alla grande! In perfetto orario e sotto il sole cocente delle 12:30 (in pieno orario di pranzo), la band Lombarda capitanata dalla bella e brava Chiara Tricarico (ex Teodasia), mettono in mostra nel pochissimo tempo a loro disposizione uno show credibile e piacevole, pescando un po’ da tutti e tre gli album incisi a oggi, e risultando una delle realtà italiane più convincenti in un genere come il power metal symphonic che non ha più molto da dire e aggiungere a tutto ciò che è stato detto, fatto, scritto e composto in passato a mio avviso

Promossi a pieni voti e inizio col botto

 

 

TYGERS OF PAN TANG

 

Il caldo e il sole battente saranno compagni di viaggio inseparabili anche per tutto lo show delle tigri inglesi, ma ci vuole ben altro per piegare veterani come Rob Weirr (il fondatore), e soci.

Poco tempo a disposizione anche per loro, che racchiudono in una scaletta molto vintage ma efficace il sunto della giornata, sicuri di graffiare così a dovere vecchi e nuovi fans!

Iacopo Meille è come sempre un vocalist affidabile e sicuro dei propri mezzi, che non conosce ostacoli, fautore di una prova maiuscola ed impeccabile, e di diritto oramai annoverabile tra i vecchi veterani dei Tygers Of Pan Tang!

Citazione di merito per Francesco Marras, anch’egli protagonista di una prestazione sontuosa e sopra le righe in veste di chitarrista solista. “Euthanasia”, “Love Don’t Stay”, “Suzie Smiled”, mandano in delirio giovani e meno giovani assiepati sotto palco, in un gioco in cui vincono facile, che miete vittime e non fa prigionieri. “Back For Good” e “Keeping Me Alive” sono le più nuove e recenti proposte oggi, ma non per questo meno incisive in sede live! …”Love Potion n.9” (anche se in realtà è una cover dei The Clovers) , e l’ultimo brano in scaletta, che chiude la partita , e sentenzia il nuovo stato di grazia delle rigenerate Tigri inglesi, oggi ancora tra i maggiori esponenti della scena metal internazionale, nonché tra i capostipiti storici della NWOBHM!

Immortali

 

 

RHAPSODY OF FIRE

 

I triestini Rhapsody of Fire sono annoverabili certamente tra i grandi della scena power metal symphonic italiana.

Li avevo lasciati molti anni fa addietro con Fabio Lione al timone, e la primissima volta che li vidi anche con Luca Turilli.

Oggi, a distanza di tempo, li trovo ancora in forma grazie alla potente e vigorosa e potente ugola di un fuoriclasse come Giacomo Voli, ma anche orfani dei grandi protagonisti del passato citati, e tutto sommato anche un po’ più statici sul palco.

Ammetto però che questo genere non mi ha mai particolarmente entusiasmato e l’ho sempre seguito poco o niente, ma a discapito del mio gusto personale, devo dire che in molti invece hanno apprezzato la loro esibizione, affollando le prime file durante il loro show cantando e incitandoli con grande partecipazione: anche il power metal ha il suo zoccolo duro di fans! Le storiche “Dawn Of Victory “ ed “Emerald Sword” hanno congedato al meglio i Rhapsody of Fire con scroscianti applausi dei defenders of Power metal

 

 

RICHIE KOTZEN

 

Con Richie Kotzen si arriva al momento più raffinato e di maggior classe musicale della giornata, quello della musica con la M maiuscola, dedicata a un pubblico maturo e per palati fini. Il versatile chitarrista statunitense, è oggi un distinto e forse un po’ troppo serio musicista sessantenne, in camicia e brizzolato, col capello corto e ordinato, che punta tutto sulla qualità della sua arte, più che sulle lunghe chiome al vento che facevano impazzire le ragazzine, cresciute e diventare grandi a loro volta come il loro idolo.

Il suo inconfondibile groove hard blues e vagamente funky, impreziosito dalla sua splendida timbrica altrettanto unica ed inconfondibile, ci regalano un ora di alta scuola e maestria unica, davvero emozionante.

Se proprio devo trovare una pecca sulla sua esibizione, è stata quella di aver palesato un certo distacco, con comunicazione quasi nulla, se non per ringraziare il pubblico dopo i tanti meritati applausi alla fine di ogni brano. Un ora circa a sua disposizione, con una scaletta incentrata esclusivamente sulla sua ricca e vasta carriera solista, anche se personalmente non mi sarebbe dispiaciuto sentire qualcosa dei dischi stupendi incisi con i MR.BIG e quello eccezionale con i Poison. “Losing My Mind” in apertura e l’accoppiata finale “Bad Situation” /”Love Is Blind”, sono stati gli apici di un concerto sontuoso e perfetto, sotto ogni punto di vista…la classe non è acqua …Forever Kotzen!

 

 

MICHAEL MONROE

 

Michael Monroe – Helsinki – Finlandia – classe 1962- 62 anni!

Ex vocalist dei grandi Hanoi Rocks (forse la più grande Rock’ n’roll sleazy glam metal europea di sempre), cantautore, compositore, ideatore di progetti artistici con musicisti del calibro di Steve Stevens Atomic Playboys (Jerusalem Slim)…in altre parole, genio creativo, uno dei miei artisti preferiti in assoluto!

La mia presenza oggi a questa manifestazione era sollecitata in buona parte anche dalla sua partecipazione, e dato che il mio ultimo appuntamento con lui risaliva allo scorso 2022, quando venne a Milano di spalla ad Alice Cooper, avevo una voglia matta anche , finalmente, di incontrarlo dal vivo per una foto e per farmi autografare i CD, dato che era previsto alle 19:15 un lungo meet& greet gratuito.. E qua inizia la mia “croce & delizia” con il Signor Monroe …un ora abbondante in fila, sotto una pioggia torrenziale, caduta copiosa in quel frangente, inzuppato fradicio, con i CD in mano pronti per gli autografi, vengo respinto assieme a non più di quindici fan ..tempo scaduto!

Ora …io capisco tutto..che ci sono delle tempistiche da rispettare ,che ci sono dei manager di mezzo, accordi, contratti ,ecc..ma il buon senso??

Saper leggere una situazione particolare e di disagio dei tuoi fans, tu che sei bello al coperto e all’ asciutto no??

E soprattutto, aggiungo, con noi fans italiani, che suppongo non essere troppo numerosi come in Finlandia,( quelli veri come me, non i curiosi in fila oggi colpiti dalla sua esibizione e che non lo conosco neppure), che ti seguono e supportano da una vita, nonostante non passi in Italia così di frequente..!!??

Si trattava, in fondo, di 15/20 minuti in più …non cambiava la vita a nessuno…e forse neppure a lui, ma di sicuro da stasera ha perso la mia stima Monroe, poco ma sicuro. Naturalmente, ciò non scalfisce minimamente il lato artistico, dove , come sempre, è stato immenso, impeccabile, superlativo, e ha spazzato via tutto e tutti con la forza di uno tsunami, da vero frontman carismatico e leader incontrastato.

Un concerto memorabile, leggermente oscurato solo da un Bruce Dickinson altrettanto immenso, che ha messo a ferro e fuoco il metal park per più di un ora!

Si parte forte con “Dead, Jail Or R’N’R “ un super classico dal secondo album “Not Fakin’ It”, pezzo sempreverde che surriscalda gli animi dei più attempati come il sottoscritto. Purtroppo, viene dato spazio (troppo) a molte produzioni recenti, snobbando completamente album come “Piece Of Mind”, “,Whatcha Want” e “Life gets..”, che contengono hit clamorose …ma la cosa non mi stupisce, perché raramente ha pescato anche in passato e in altre occasioni da quei dischi. Convincono particolarmente “ I love Too Fast Die Young” dal disco col titolo omonimo del 2022, e “One Man Gang”, mentre da “Horns And Halos” spicca la titletrack, ma molto meno “Ballad Of The Lover East Side”, eseguita un po’ in debito d’ossigeno, da seduto e con accanto il fido bassista Sami Jaffa, ex Hanoi Rocks, un vero mattatore sul palco, e spalla ideale di Monroe …una specie di Keith Richards in coppia con Mick Jagger per intenderci!

Ma non è più tempo per le lacrime e il finale è tutto d’un fiato : a razzo “Up Around The Bend” degli Hanoi Rocks, e a seguire “Nothing’s Albright” e “Hammersmith Palais”, dal progetto Demolition 23, che probabilmente è il disco più bello composto complessivamente nella carriera di Michael Monroe!

Alcuni problemi tecnici col microfono non hanno macchiato minimamente un live memorabile, (ma probabilmente innervosito l’ artista), che lo ha visto cimentarsi anche nella classifica arrampicata libera sul palco e contorcersi il filo del microfono attorno al collo, tipico dei vecchi Rockers “dannati” degli anni 70!

Al di là di tutto un N.1, e sempre garanzia assoluta!

 

 

STRATOVARIUS

 

Passiamo dunque da un filandese, a una band finlandese …ma gli Stratovarius con Monroe in comune hanno solo la nazionalità, e null’altro da spartire. Attivi dal lontano 1984, e dediti a un symphonic power metal a tinte neoclassic, e con tematiche che parlano del rispetto della natura e della Terra, sono annoverabili tra i veterani della scena metal scandinava, ma direi anche tranquillamente europea. Vale con loro lo stesso discorso fatto in precedenza con i nostrani Raphsody Of Fire: questo tipo di sonorità non sono nelle mie corde, ma a quanto pare in molti dei presenti oggi al Metal Park piacevano assai ed erano invece li e soprattutto anche per loro. Notevole il frontman Timo Kotipelto, dotato di un estensione vocale pazzesca e potente, così come tecnicamente sono tutti bravissimi gli altri componenti della band.

Probabilmente i tanti cambi di line-up hanno tolto qualcosa in termini di compattezza e un personaggio talentuoso del calibro di Timo Tolkki (vocalist prima e poi chitarrista fino al 2008), non si sostituisce, ma a quanto visto la cosa sembra non aver più di tanto stravolto gli equilibri per nessuno.

Qualche piccolo problema coi volumi in apertura, facilmente risolti strada facendo, sono stati facilmente dimenticati per merito di una scaletta equilibrata, che pesca dalle produzioni più recenti fino ai grandi classici del passato, facendo felici e mettendo d’accordo tutte le generazioni di fans degli Stratovarius accorsi come dicevo poc’anzi in massa .“Speed Of Light “, “Paradise”, “Legions”, i momenti migliori e di maggior livello del loro show, che chiudono la partita con un altro classico del loro repertorio “Black Diamond”, seguita dall’ accoppiata micidiale “Unbreakable” e “Haunting High And Low”.

Eterni, inossidabili, unici.

 

 

THE DARKNESS

 

Mentre sono in fila per il famoso meet& greet famigerato e sopracitato, sta per iniziare lo show degli inglesi The Darkness, meglio identificabili come il gruppo dei fratelli Justin e Daniel Hawkins, piu Rufus Taylor, figlio del ben più celebre padre Roger Taylor dei Queen.

Ho assistito a concerti singoli e ad altri inseriti in contesti di festival dei The Darkness, e la mia ultima volta con loro risaliva al lontano oramai nel tempo 2018, quando furono di spalla ai Guns’ N’Roses a Imola. Perciò, la mia curiosità di rivederli in azione dopo tanto tempo era assai, anche perché mi sono sempre piaciuti e li ho sempre trovati divertenti e tecnicamente ben preparati, anche se fondamentale hanno costruito la loro carriera e fama attraverso il primo storico album bomba del 2003, “Permission To Land”, una vera bomba rock, che purtroppo non sono più riusciti neppure lontanamente ripetere in seguito con le altre numerose produzioni discografiche, più o meno valide , ma altalenanti a livello compositivo, per non dire anonime in taluni casi. Sotto una pioggia copiosa ed incessante, che non scoraggia un nutrito numero di fans assiepati sotto il palco, (a dimostrazione che nonostante tutto hanno il loro seguito e zoccolo duro di aficionados), iniziano a scaricarci addosso la loro elettricità ed esplosività.

Non sono mai stato propriamente un loro fan, ma devo ammettere che live non mi hanno mai deluso, e che tutto sommato è la loro dimensione ideale, forse più che registrare nuovo materiale mediocre in studio; certamente non originale la loro musica, che è un mix di AC/DC,Queen, Thin Lizzy, ed Aerosmith, ma efficace e diretta, che colpisce dritto l’obbiettivo, e andando quasi sempre a bersaglio.

Si parte forte con “Growing On me” e “Givin’Up”, pezzi estratti dal primo firtunato e pluripremiato album, e dal quale verranno estratti praticamente più della metà dei brani in scaletta oggi. “Love Is Only Feeling”, “Barbarian”, “Friday Night”, sono altri momenti di godimento assoluto, così come quando Richie Kotzen li raggiunge sul palco per eseguire assieme una riuscitissima “I Believe In A Thing Called Love”, che strappa molti consensi e applausi dal pubblico.

Da notare lo splendido stato di forma e vocale di Justin Hawkins, che dopo aver passato un periodo difficile a causa dei suoi eccessi e dipendenze da droga e alcol, sembra essersi oggi completamente ristabilito, e in grado di fornire ancora prestazioni maiuscole!

Gran finale con l’immancabile citazione ai loro idoli Queen con “We Will Rock You”, e spazio a due cover dei Led Zeppelin “Immigrant Song” e e “Hearbreaker”, intervallate da una dolce e splendida “Love On The Rocks With No Ice “.

Tra i migliori della giornata senza dubbio, pieno diritto nel podio , garanzia assoluta di affidabilità e qualità i THE DARKNESS! Chapeau!

 

 

BRUCE DICKINSON

 

E finalmente, dopo una lunghissima attesa durata anni, si è concretizzato e realizzato un altro appuntamento con la storia per il sottoscritto, ovvero quello di vedere il grande Bruce Dickinson, (leader e frontman degli Iron Maiden, nonché uno dei più grandi cantanti al mondo), in veste di solista.

Ammetto di non aver mai seguito con particolare interesse e passione la sua carriera al di fuori della band d’origine, e di non essere mai stato più di tanto rapito dalle sue produzioni indipendenti, dove ha alternato cose buone ad altre decisamente sottotono, per non dire brutte; ma una volta nella vita, come gli Iron Maiden, anche per semplice curiosità, va visto Dickinson!

Fortunatamente, in questo tour a supporto del nuovo album “The Mandrake Project “ di recente uscita, l’artista inglese decide di risparmiarci i pezzi di “Skunkworks”, un album orribile di metal moderno , ma purtroppo ne inserisce un paio da “Tyranny Of Souls” a discapito della totale trascuratezza di “Tattoed Millionarie “, che è stato il primo e il migliore di tutta la sua carriera solista (a mio parere).

Non è un concerto dei Maiden, e quindi giustamente Bruce si presenta con uno spettacolo essenziale, senza soluzioni pirotecniche , fuochi e scenografie particolari, puntando tutto sulla sostanza e sulla qualità musicale.

E ne ha ben donde di farlo: al top della condizione, in forma fisica e vocale smagliante e invidiabile da chiunque, impeccabile, superlativo, emozionante ,insuperabile (quasi), senza avere mai alcun mimo cedimento .Ma tutti ciò non basta, anche se ti chiami Bruce Dickinson e sei oggettivamente un N.1 per offrire uno spettacolo da campione: serve una super band a supporto!

E infatti, nonostante la defezione di un fuoriclasse come Roy Z, l’accoppiata chitarristica Declerq/Naslund non lo han fatto rimpiangere troppo, supportati da una strafiga e bravissima bassista , tale Tanya O’Callagman, che è riuscita a distogliere il mio sguardo da Dickinson più di una volta …e badate bene che quando osservo un live sono sempre concentrato solo ed esclusivamente sulla sulla musica, ma lei è davvero “tanta roba” e non ho resistito!

Fantastico il “lavoro sporco” di Dave Moreno, che con le sue tastiere da quell’ effetto introspettivo ai brani. “Accident Of Birth” in apertura è sicuramente una scelta azzeccata, purtroppo seguita da una anonima e mediocre “Abduction”, ma con “Laughning In The Hiding Bush” dal bellissimo “Balls To Picasso “ si torna a volare alto. Inizia a metà setlist, la fase NI, la cosiddetta “croce e delizia” con “Afterglow Of Ragnarock”, dall’ ultimo “Mandrake Project “, osannato e promosso a pieni voti dalla critica, ma che invece trovo divisivo, nel senso che contiene buoni brani come “Rain Of The Graves” e “Ressurection Man”, che verranno proposti più avanti, ad altri anonimi come il sopracitato singolo apripista.

Oppurtuna e gradita invece la scelta di infarcire lo show con brani da “Chemical Wedding”, altro album riuscito e interamente dedicato alla memoria del grande esoterista ed alchimista inglese Aleister Crowley.

Oltre alla titletrack, vengono eseguite “The Alchemist”, “Book Of Thel” e “The Tower” nel gran finale! Dickinson ha scritto tante canzoni, coi Maiden e da solista, e stasera ho potuto finalmente sentire live il suo capolavoro massimo ed innarivabile , “Tears Of Dragon”, cantata da tutto il Metal Park a squarciagola e che mi ha fatto scendere una lacrima sul viso, per i tanti ricordi e per le tante emozioni che mi trasmette ogni volta che la sento!

Monumentale e immortale Dickinson, fuoriclasse senza tempo e di un'altra categoria…la storia del metal passa anche attraverso la sua musica solista, non solo per quella composta con gli Iron Maiden.

 

 

Report a causa di:

Alessandro Masetto

 

 
Images: 1
METAL PARK 2024 [ITA]

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