Ecco: “Are.... you.... ready?”, lo screaming improvviso di un giovane cantante vestito di tuta ADIDAS, piecing al ciglio e lunghi dread-locks, e lo scontro inizia.....parliamo di “Blind”, prima traccia del primo omonino album dei KORN, uscito nel 1994 sotto Immortal/Epic (etichetta della major Sony), un altro epocale disco che non ha solo dettato legge per il cambio generazionale (quindi non solo grunge come molti pensano – nda) ma ha completamente spostato l'ottica del tradizionale rock estremo tra 80s' e 90s' verso nuovi orizzonti mai esplorati prima, o comunque non con tanta classe e voglia di totale osata sperimentazione; non più ritmica e assoli, intro e outro, liriche tra inventato, sociale e storie on the road.......qui la pasta cambia lettori miei, un po' di note tecniche:
Basso e batteria, rappresentati da Reginald “Fieldy” Arvizu e David Silveria, la fanno da padroni con innovazioni tra “slappate” e distorsioni funky-core che incontrano beats mid-tempo scuola industrial, hip hop, jazz, hc, tutto quel che si vuole, proprio in anni famosi per non essere ancora troppo contaminati, ancora puristi e dove tutto sembrava già sconvolto dal crossover tra rap e rock....uno stile unico per due personaggi cresciuti musicalmente in completa autonomia, senza particolari riferimenti, uno più legato sicuramente all'hip hop-rock californiano di strada e fondatore in futuro del proprio basso “K5 Fieldy Model” creato da Ibanez appositamente per l'artista, l'altro più dedito ai suoni sporchi del metal o del noise con la sua futuristica batteria TAMA, ma assoluta originalità e spirito “do it yourself” (nel 2005 lascerà la band per vaghi motivi dichiarati, tra cui diventare imprenditore di locali e negozi insieme alla moglie, ma i veri amanti di KORN sanno bene che se ne andò quando ormai la band era un fenomeno da circo irrecuperabile e la verve compositiva persa da anni di eccessi e show business);
Alle chitarre troviamo Munky e Head, all'anagrafe James Shaffer e Brian Welch, due Ibanez K-7 dal suono “groovoso”, ruvido e serrato che si miscela alla perfezione della ritmica senza lasciare spazio ad arpeggi classic o riff di semplice composizione....puro muro sonoro dove pare stoner, industrial, psichedelia, metal-core raggiungano livelli superiori a qualsiasi aspettativa, pura avanguard;
la voce, quella del bel Jonathan Davis, è la comunicazione diretta di un ex liceale borghese disadattato dai traumi adolescenziali: momenti di calma apparente e depressiva quanto commovente, che sfociano in deliranti sfuriate a denti stretti, crudeltà e rancore per tutto e tutti, pensieri negativi e la voglia di autodistruggersi, niente ha più senso, dal significato dei valori di famiglia all'amicizia, solo sgomento e vendetta per chi è cresciuto deriso e considerato un perdente.
“Ball Tongue”, “Clown”, “Faget”, “Shoots and Ladders”, oltre all'iniziale leggendaria “Blind”, i momenti principali e più emozionanti dell'album tra stacchi di basso e batteria da headbanging e jumping continuo, chitarroni spacca orecchie, filastrocche per bambini, intro di bagpipes, tormentata quiete e ira funesta .......fino alla conclusiva e triste “Daddy”, dedicata dal singer al defunto padre, 8 minuti o più di calvario interiore dove succede di tutto: preghiera, chaos, ipnosi, ricordi d'infanzia, ninna nanna e pianto finale singhiozzante e liberatorio.....come un bambino che ha sofferto, urlato e ora cerca la sicurezza di una famiglia, l'amore mai avuto........tutto è reale in questo brano, si consiglia l'ascolto più attento e la visione del primo dvd ufficiale della band, “Who then now?”, dove in studio di registrazione Jonathan si fa accompagnare fuori da Fieldy dallo stanzino, stremato dall'emozione del brano stesso, una traccia sentita dentro, nessun teatro.
Questi 5 ragazzi di Bakersfield (California-USA), oggi ormai quarantenni, erano sconosciuti, un gruppettino da quartiere e feste, forse troppo poco considerati prima dell'avvento di Ross Robinson, produttore musicista di Los Angeles alle prime armi che ebbe l'onore di conoscerli, crebbe in loro, riuscì a fargli firmare un contratto d'oro e senza rendersene conto fece uscire quel cd con copertina da vera “psicanalisi” e un suono completamente “brand new” al mondo.......di qui il capolavoro assoluto che aprì le porte ad una nuova generazione di “nu-metallers”, gruppi come Deftones, Coal Chamber, Limp Bizkit, Static X, System of a Down e molti altri raggiunsero il successo sulla via creata dai KORN.....lo stesso produttore ebbe l'onore di lavorare con Machine Head e Sepultura e seguì tutta la scena in prima persona, alcuni continuarono creando la propria anima e ancor oggi sono attivi al meglio, altri toccata-fuga in un momento congeniale, poche idee tanto trend.....nel 2000 circa tutto finì, nuova decade alle porte con l'avvento dell'emo a livelli commerciali e del post-core, purtroppo gli stessi KORN proseguirono su una strada fatta di sbagli artistici e sensi unici da viziate rockstar per ricondurli al 2011 sotto ROADRUNNER REC. e un album deprimente e superficiale come “KORN III- REMEMBER WHO YOU ARE”, un finto ritorno al passato, poche scarne idee e niente più, Head e David hanno seguito altre strade e quelli che vogliono gustarsi questa band lo possono fare ancora dal vivo, dove la grinta e il calore per il pubblico non mancano, ma per piacere evitate i dischi da “ISSUES” in avanti.....parola di chi li ascolta dagli esordi e ha diversi concerti loro sulle costole. Vi mando in pace, ricordiamoli nel bene.